Le frodi aziendali

Pubblicato su “b2 coporate” il 23-4-2019   Premessa Il” Global economic crime survey  2016” di Price Waterhouse & Coopers”, nell’addendum relativo alla situazione italiana, sviluppa una fotografia aggiornata del fenomeno con relativi dati e statistiche. Il report è disponibile in internet https://www.pwc.com/it/it/services/forensic/assets/docs/gecs-2016-es.pdf Dal citato survey innanzitutto emerge che il fenomeno dei crimini economici è in aumento, rispetto all’anno precedente,  sia in Italia che nel mondo con % significative: rispettivamente 41%  di aumento a livello Italia, contro 27% a livello globale. A livello mondiale il 36% delle imprese intervistate ha dichiarato di aver subito almeno una frode, contro il 21% a livello Italia. Nelle varie tipologie di frodi, a livello Italia , la frode più diffusa risulta l’appropriazione indebita, seguita nell’ordine di importanza da: corruzione, cyber crime, frodi contabili, frodi in materia di appalti e acquisti, frodi nell’ambito delle risorse umane, riciclaggio di denaro, frodi fiscali, , frodi creditizie, violazioni della concorrenza, antitrust, spionaggio, violazione della proprietà intellettuale, insider trading. Come vengono individuate le frodi? Il 36% di esse viene intercettato tramite modalità fuori dal controllo e dall’influenza del management aziendale; in particolare il 24% è stato scoperto dalle forze dell’ordine. Ciò significa che le organizzazioni arrivano spesso in ritardo nell’individuare le frodi e a fronteggiare i danni conseguenti. Dalla stessa survey emerge  che meno della metà (47%) delle organizzazioni italiane ha intercettato  l’evento fraudolento attraverso un sistema di controllo interno. In particolare risulta inoltre particolarmente debole il sistema delle cd soffiate, cioè il whistleblowing (3%); ciò sembra la conseguenza sia di una scarsa cultura aziendale sia di norme non ancora pienamente efficaci in materia. Un miglioramento è atteso dalle linee guida che l’ANAC (Attività Anti Corruzione) sta emettendo, che dalle nuove norme governative anticorruzione. Qual è il costo della criminalità economica? Esso è dato non solo dai danni diretti,ma soprattutto dai danni indiretti causati: alla reputazione aziendale e alla forza del marchio, alla motivazione dei dipendenti, alle relazioni commerciali, ai rapporti con le autorità di vigilanza. La corruzione inoltre distorce la concorrenza e frena lo sviluppo. In Italia l’esecutore delle frodi è un soggetto situato all’interno dell’azienda nel 43% dei casi, esterno all’azienda nel 31%, nei restanti casi non è stato possibile individuare la provenienza dell’attore della frode. L’identikit dell’esecutore delle frodi a livello italiano è di sesso maschile, di età compresa fra 31 e 40 anni, con una buona esperienza lavorativa alle spalle che va da 3 a...
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Come valutare una startup – Guida pratica e suggerimenti

Pubblicato sul sito internet di b2Corporate in settembre 2018 1.1  – Premessa L ‘argomento della valutazione delle aziende start up rappresenta, nel panorama tecnico – professionale italiano, una specie di terra di nessuno nella quale né la professione, né il mondo universitario si sono cimentati in modo sistematico. Scarse sono le pubblicazioni specialistiche sull’argomento in lingua italiana. Appare un territorio in cui predomina il pragmatismo degli operatori del settore (business angel, incubatori azienda, venture capitalist, etc), i quali dovendo investire in attività di start up, sono costretti, pur con tutte le incertezze del caso, ad assegnare una valutazione all’investimento da effettuare. Vero è che le start up sono una fattispecie tutta particolare di azienda, con caratteristiche sue proprie che la rendono inadatta all’applicazione, “sic et simpliciter” dei metodi tradizionali di valutazione d’azienda, ma come si vedrà nel seguito, con gli opportuni adattamenti, alcuni di questi metodi risultano applicabili. Inoltre i metodi specifici dedicati alle start up sono tutti di derivazione del mondo anglosassone, in assenza di pubblicazioni specialistiche italiane. Per affrontare in modo sistematico l’argomento, ci sono alcuni aspetti che preliminarmente occorre sviluppare e tenere ben presenti, aspetti che condizionano in modo significativo l’approccio valutativo da adottare per una azienda in fase di start up. Un primo aspetto da mettere in evidenza è che non tutte le start up sono uguali, nel senso che le loro caratteristiche variano in modo significativo nelle diverse fasi della loro vita, fasi il cui sviluppo influenza molti aspetti della loro vita: le priorità assegnabili, le necessità di finanziamento, il percorso da sviluppare, gli attori coinvolti; di  conseguenza l’approccio valutativo può variare anch’esso in modo significativo da una fase all’altra Un secondo aspetto riguarda la stretta relazione fra l’aspetto valutativo e il finanziamento della start up, spesso con la connessa partecipazione al capitale dell’impresa, soprattutto nelle prime fasi di vita. Nelle prime fasi di vita infatti chi valuta è ,nella maggior parte dei casi, anche l’investitore: la posta in gioco è quindi stabilire la quota di partecipazione all’iniziativa che spetta all’investitore in funzione dell’entità del finanziamento da erogare. Nelle prime fasi di vita predomina infatti il finanziamento con partecipazione al capitale, rispetto al finanziamento puro e semplice. L’investitore deve credere all’iniziativa e molto spesso diventa quindi anche imprenditore, per condividere con gli promotori-promotori sia a rischi che i benefici relativi. Un terzo fattore riguarda la generalizzata carenza di dati storici sull’azienda e il suo...
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La mia attività

Pubblico regolarmente articoli divulgativi per alcune riviste internet; gli articoli sono rintracciabili sulle riviste stesse, tenendo presente che alcune sono ad accesso libero, altre a pagamento; in ogni caso gli articoli sono disponibile in questa sezione del sito. Le riviste sono: MySolutionPost, per dottori commercialisti, nelle materie Bilancio e Revisione contabile. Il Commercialista telematico, per dottori commercialisti, nelle materia Valutazioni d’azienda e di strumenti finanziari. Filodiritto, per avvocati, con pillole di economia, amministrazione e finanza per i colleghi avvocati che si occupano del diritto d’impresa. B2 corporate, per quadri e dirigenti delle Piccole e Medie Imprese (PMI), nella Finanza d’azienda e nelle Valutazioni d’azienda e di strumenti finanziari In questa sezione trovate anche alcuni articoli-blog su argomenti di carattere economico-politico o nel campo della formazione personale e professionale, che ho ritenuto opportuno...
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Cosa cambia con i PIV – Parte III

Pubblicate sulla rivista internet b2 Corporate in febbraio 2018 Premessa Prosegue l’esame dei PIV iniziata con un precedente articolo. Viene qui esaminata , dopo la parte I e II, la parte III (relativamente ai soli punti 1, 2, 3 e 4) Come già anticipato, l’intero sviluppo dei PIV risulta tuttavia piuttosto corposo, il volume edito da EGEA consta di quasi 400 pagine divise in quattro sezioni (I, II, III, IV), un glossario e due appendici sui principi etici; in alcuni punti i PIV sono anche di non semplice lettura. Vorrei in questa sede cercare individuare quali sono le principali caratteristiche, tracciandone le linee guida principali; lascio naturalmente al lettore, che vuole approfondire, la facoltà di consultare direttamente i PIV nel volume edito da EGEA. La parte III dei PIV (punti 1, 2, 3, 4) riguarda aziende a rami d’azienda riguarda la valutazione di aziende o di complessi aziendali, dal punto III 5 e fino al III.9 riguarda specifici beni aziendali, attivi o passivi, che non vengono qui presi in considerazione. Per azienda si intende un complesso coordinato di beni , di rapporti giuridici e di risorse umane, costituito in vista del perseguimento di obiettivi economici. Un ramo d’azienda è una parte di azienda, che può essere configurata in qualunque modo, con l’unico vincolo della idoneità a generare un’autonoma corrente di reddito.. Nella sua forma più completa il ramo d’azienda può corrispondere un un’area strategica d’affari (o ad una business unit) caratterizzata da una propria individualità  sul piano del confronto competitivo. L’azienda può corrispondere o meno ad una precisa identità giuridica. Il processo valutativo presenta un elevato grado di articolazione nel caso di valutazione di aziende (o di rami d’azienda). La base informativa, particolarmente ampia, deve comprendere dati relativi  al contesto economico, all’azienda, al settore al segmento di riferimento, al mercato finanziario, alle società confrontabili. Una notevole delicatezza assume anche il momento della selezione del metodo o dei metodi di stima da utilizzare, in quanto nel caso di aziende e di rami d’azienda il ventaglio delle alternative è normalmente ampio. Normalmente la valutazione di un’azienda o di un ramo d’azienda in continuità adotta una prospettiva di vita indefinita. Per proseguire la lettura, clicca AF-Cosa cambia con i PIV Parte III, Puoi anche accedere al sito di...
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Cosa cambia con i PIV – Parte I e II

Pubblicato su “Il Commercialista telematico in Novembre 2017 Premessa In un precedente articolo  ricordavo che nel mese di luglio 2015 sono stati emessi dall’Organismo Italiano di Valutazione (OIV) i Principi Italiani di Valutazione (PIV). Essi sono entrati in vigore le valutazioni a partire dal 1-1-2016 e sono frutto di circa tre anni di lavoro da parte dell’OIV, avendo accolto il contributo di circa 15 fra associazioni professionali (fra cui Assirevi, e ODCEC di Milano) e professionisti vari. OIV si propone quale standard setter nazionale nell’ambito delle valutazioni d’azienda, ovvero di beni o gruppi di beni. Esso ha l’obiettivo di fornire i PIV (Principi italiani di valutazione), che si pongono come vero e proprio punto di riferimento per i professionisti, il legislatore e le autorità di vigilanza nell’ambito delle perizie di stima. Si evidenzia anche come i principi di valutazione colmano uno spazio vacante e possono essere un’occasione di crescita per la nostra professione di dottori commercialisti e un’opportunità per diffondere una “cultura della valutazione”, oggi obiettivamente molto debole. Fino ad oggi infatti l’attività di valutazione è stata prevalentemente un’attività di matrice domestica, largamente influenzata dalle norme del codice civile. Si aggiunga a ciò il fatto che la nostra professione è sempre stata condizionata dagli aspetti fiscali, lasciando poco spazio ad una cultura di tipo aziendalistico. I PIV sono un’occasione per metterci in linea con le “best practices” internazionali nell’area delle valutazioni e migliorare pertanto la nostra professionalità nel filone della consulenza aziendalista I PIV possono pertanto una base per costruire una branca di specializzazione nella nostra professione, attraverso un miglioramento degli standard qualitativi. Elevati standard qualitativi sono peraltro una delle premesse per migliorare la fiducia da parte dei diversi utilizzatori e operatori economici nei confronti dei valutatori. Il processo di valutazione resta peraltro pur sempre un giudizio professionale, che può divergere da un esperto all’altro, ma i PIV servono a ridurre i margini di discrezionalità e quindi l’assunzione di rischi troppo elevati e/ o inutili. E’ previsto che i PIV siano soggetti a revisione con cadenza ogni 2 anni. Oggi i PIV non hanno valenza coercitiva, vengono pertanto seguiti dai professionisti valutatori su base volontaria. L’augurio è che i PIV vengano in futuro riconosciuti dai vari Enti regolatori (Consob, Banca d’Italia etc) e/o richiamati in norme di legge. Ciò darebbe loro il necessario peso, così come è accaduto in un recente passato per i principi contabili nazionali, emessi da OIC. Vale la pena di precisare che i PIV riguardano anche...
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