Competenze e qualità di un professionista al servizio dell’azienda

Angelo Fiori – novembre e dicembre 2014  L’articolo è stato pubbliocato, a puntate, dal Commercialista telematico (per dottori commercialisti) in gennaio 2015 e da Filodiritto (per avvocati) in febbraio 2015, ovvero sono disponibili AF-Competenze e qualità professionista al servizo azienda-Ebook pdf   Premessa – Competenze e qualità Oggi le professioni dei consulenti al servizio dell’azienda, mi riferisco soprattutto ai commercialisti, agli avvocati d’affari, ai consulenti di direzione, ai consulenti del lavoro, ai consulenti in risorse umane, devono affrontare un mondo del business sempre più complesso e una situazione economica di stagnazione di lungo periodo, che mette sotto pressione le aziende clienti e di conseguenza i loro consulenti. Le nuove tecnologie, informatiche e non, sempre più pervasive, la concorrenza che morde tutti i settori, il mercato interno che langue obbligando a rivolgersi ai mercati esteri, la ricerca di soluzioni innovative, la pressione fiscale elevata, la riduzione dei costi, sono alcune delle principali sfide che le aziende sono costrette ad affrontare. I consulenti si trovano anch’essi pressati da richieste, da parte delle aziende, di maggiori servizi ad un costo minore. Qual è la risposta da dare? Offrire maggiore professionalità, essere a fianco dell’imprenditore nell’affrontare e risolvere i problemi e le sfide del momento. Per fare questo bisogna possedere e/o affinare competenze e qualità non solo tecniche, ma soprattutto manageriali e gestionali, con un approccio di tipo imprenditoriale. Vediamo di capire quali sono queste competenze e qualità applicabili ai professionisti al servizio dell’azienda. Le competenze di cui parliamo sono anche chiamate competenze trasversali (soft skill). Essendo “trasversali” queste competenze non sono riferibili a job specifici, bensì attivabili in ogni posizione professionale che le richieda. Sono esempi di competenze trasversali: orientamento al risultato, iniziativa, adattabilità, empatia, leadership, gestione dei conflitti, persuasione, gestione dei gruppi, consapevolezza di sé, autocontrollo, approccio positivo, riconoscimento di schemi, pensiero sistemico, comunicazione verbale, ecc. Non vengono qui esaminate le competenze tecniche, che sono specifiche per ogni categoria di professionisti. Infatti diverse saranno quelle del commercialista, da quelle dell’avvocato da quelle del consulente del lavoro, etc. Le competenze trasversali, qui indicate, sono invece comuni a tutte le categorie di professionisti. Lo stesso dicasi per le qualità: sono comuni a tutte le categorie. Cominciamo con lo distinguere fra conoscenza e competenza. La competenza si può definire come un comportamento mirato all’esecuzione di un compito, comportamento che è la risultante di un insieme di conoscenze teoriche e di abilità tecnico-pratiche. La competenza va...
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Sistema ERP: strategie, implementazione e zone di rischio

Angelo Fiori -Febbraio 2015 Articolo pubblicato da b2Corporate il 20 Febbraio 2015   Le tecnologie informatiche hanno rivoluzionato da tempo il modo in cui lavorano le aziende e le organizzazioni in genere. Gestire un futuro pieno di incertezze e di incognite, quale è il mondo dell’economia e del business oggi, è diventato un compito complesso. Per affrontarlo adeguatamente, costituisce un asset indispensabile avere la disponibilità di dati e informazioni organizzati e aggiornati, sia provenienti dai processi aziendali che dal mercato, quali solo un sistema informatico efficiente può fornire. Un sistema ERP (Enterprise Resource Planning) è un integrato usato per gestire sia le risorse interne che quelle esterne di un’azienda. Esse comprendono i beni materiali, le risorse finanziarie, le risorse materiali e umane. Oggi i sistemi ERP di ultima generazione integrano in un’unica visione l’intero ecosistema in cui opera l’azienda, collegando i processi interni con quelli esterni (clienti, fornitori, collaboratori, istituzioni, amministrazioni pubbliche, banche ecc). L’obiettivo fondamentale nella implementazione di un sistema ERP è riunire le diverse funzioni in un unico ambiente di sistema e far sì che le operazioni si eseguano in modo più veloce.e efficiente. Quali sono i vantaggi di un sistema ERP? L’implementazione di una buon ERP può produrre vantaggi importanti, quali: (a) processi operativi completamente integrati; (b) un unico database centrale senza duplicazione di dati; (c) una ‘vista unica’ sui dati aziendali; (d) reporting efficiente, facile da usare in tutta l’ azienda. Molte delle aziende e organizzazioni in genere si sono rivolte o si stanno rivolgendo ai cd sistemi ERP. L’esperienza ha dimostrato tuttavia che in molti casi la introduzione di nuove tecnologie informatiche ha dati risultati insufficienti o deludenti, spesso con costi molto superiori a quelli preventivati. Scegliere, introdurre e implementare un sistema ERP non è un compito facile o veloce e va affrontato con adeguata preparazione e consapevolezza, in mancanza delle quali le probabilità di fallire sono elevate. L’articolo completo è disponibile AF-Sistema ERP strategie, implementazione, zone di...
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La valutazione con il metodo DCF: schema di riferimento

Angelo Fiori – Giugno 2014   Come noto il metodo DCF (Discounted cash flow) si è affermato da tempo, soprattutto nella prassi M&A, come metodo principe utilizzato per le valutazioni d’azienda. Esso fa parte dei cd metodi assoluti e viene spesso abbinato ad una seconda valutazione effettuata con un metodo basato sui cd. multipli. Il metodo DCF si basa sulla valutazione dei flussi di cassa prospettici molto frequentemente in un’ottica “asset side”. Ciò significa che si calcola in valore dell’azienda (EV Enterprise Value) in funzione dello svolgimento della sua attività operativa. Il valore dell’Equity si ottiene sottraendo dal valore dell’azienda il valore attuale del debito finanziario netto (cd leva finanziaria). La formula per il calcolo dell’Enterprise Value (EV) è la seguente EV = valore dell’attivo industriale della società (Enterprise Value) FCFt = flusso di cassa disponibile per azionisti e finanziatori (free cash flow) i = tasso di attualizzazione dei flussi di cassa T= numero di anni di forecast esplicito dei flussi di cassa VR = valore Residuo della Società (Terminal Value) La formula sopraesposta è composta da 2 componenti separate dal segno +; essa è detta anche a due stadi, in quanto il valore di Enterprise Value viene dato da 2 componenti: primo componente il valore attuale dei flussi di cassa del periodo di sviluppo delle previsioni di cash flow (generalmente da 3 a 5 anni di budget o di business plan), secondo componente il valore residuo detto Terminal Value, calcolato normalmente come il valore attuale di una rendita perpetua di flussi di cassa, a partire dal 4° o dal 6°anno. Sia la prima componente della formula sopraesposta che la seconda attualizzano flussi di cassa, pur con orizzonti temporali differenti, che vanno attualizzati utilizzando un tasso i. Di seguito indichiamo pertanto  i vari aspetti della valutazione, che vengono analizzati e spiegati separatamente uno per uno nei relativi articoli su questo sito. Gli stessi sono stati pubblicati su Commercialista telematico ovvero su b2Corporate, come indicato in calce agli stessi La scelta dell’approccio di valutazione: asset side o equity side La determinazione dei flussi di cassa: levered o unlevered, secondo se si usa l’approccio asset side o equity side La definizione del tasso i di attualizzazione Indicazioni e commenti sul Terminal value L’uso dello strumento di analisi di sensitività per la valutazione delle diverse ipotesi...
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Le relazioni fra tempo e denaro

Angelo Fiori – Settembre 2014 Articolo, pubblicato su Filodiritto (rivista per avvocati) il 9 ottobre 2014   Premessa Alcuni concetti, regole ed esempi per cominciare ad orientarsi nelle relazioni fra tempo e denaro, utilizzando anche le funzionalità del foglio di calcolo di microsoft excel. L’articolo è stato scritto pensando ai non addetti ai lavori (avvocati, ingegneri, medici, etc); esso vale tuttavia anche per coloro che nel tempo hanno dimenticato alcune delle basi della materia Questo argomento viene trattato normalmente dalla matematica finanziaria. Tuttavia le esposizioni dell’argomento in circolazione sono normalmente piene di formule specialistiche, che ritengo facciamo fuggire chi vuole avvicinarsi alla materia in modo funzionale e pragmatico. Con questo articolo vorrei tentare una strada meno tecnico-matematica a vantaggio della funzionalità e comprensività. Sarò costretto ad effettuare semplificazioni, ma non a scapito del rigore di ragionamento, inserisco nel contempo molti esempi che aiutano nella comprensione. Qualche formula verrà introdotta , ma lo stretto necessario; inoltre verranno fatti riferimenti alle funzionalità previste dal foglio di calcolo Microsoft excel che ci viene in aiuto per i calcoli da effettuare nei casi pratici. Il termine Capitale si riferisce al patrimonio, sia sotto forma di denaro che di beni. Il Capitale viene spesso impiegato, nelle forme più disparate, per generare ulteriore capitale o ricchezza. L’impiego avviene normalmente per periodi di tempo, di lunghezza variabile, da pochi giorni a molti anni. Pertanto bisogna prendere in considerazione l’effetto del tempo sul capitale e capire le regole che governano il fenomeno. E’ intuitivo capire che 1 Euro oggi ha un valore superiore ad 1 Euro fra qualche anno, a causa dell’interesse o del profitto che questo può produrre nel tempo. Definire delle regole che permettano di gestire i valori del denaro (ma anche beni) nel tempo è compito della matematica finanziaria. In realtà esiste un altro fattore che influenza il rapporto fra tempo e denaro: si tratta del rischio. La trattazione del rischio richiederebbe una esposizione separata e specialistica, qui mi limito ad indicare un indice di rischio comunemente usato per i titoli oggetto di investimento: il rating.  Il rating, in italiano classificazione, è un metodo utilizzato per valutare sia i titoli obbligazionari, sia le imprese in base al loro rischio finanziario. Le valutazioni del rating sono emesse ad opera delle cosiddette agenzie di rating Le due maggiori agenzie di rating a livello mondiale sono Standard & Poor’s e Moody’s, le quali hanno una griglia di valutazione...
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Aprirsi a nuove esperienze. Non rifugiarsi nella propria zona di sicurezza (confort zone)

Angelo Fiori – Luglio 2014   La Zona di sicurezza (Comfort Zone) nella psicologia comportamentale è una condizione mentale di sicurezza, dove tutto è rassicurante, noto, dove ci muoviamo a nostro agio, senza grandi sorprese. La metafora più comune è quella della poltrona in cui siamo comodamente seduti senza muoverci. Teniamo presente che la maggior parte degli esseri umani tende ad evitare le situazioni scomode che li mettono in discussione e a fuggire da tutto ciò che è eccessivamente nuovo. In queste situazioni infatti diminuisce la possibilità di tenere sotto controllo e dominare gli eventi: il rischio conseguente è di commettere errori, a volte di essere feriti o peggio umiliati La confort zone fu indicata da Alasdair Whyte nel 2008, con un saggio dal titolo “From confort zone to performance management”. In questo saggio si indagano le possibilità che vengono alla luce uscendo dalla confort zone e il processo di apprendimento insito in questo percorso. Quindi la zona di conforto non viene negata, ma viene considerata un punto di partenza dal quale muoversi, al fine di aumentare le proprie capacità e conseguentemente le proprie performance. Bisogna infatti uscire dalla propria zona di sicurezza per cercare nuove esperienze, mettersi in gioco con nuove persone, ambienti, abitudini Qui l’argomento viene sviluppato principalmente nel contesto della vita lavorativa, ma molte delle considerazioni svolte e dei suggerimenti indicati valgono anche in altre situazioni, ad esempio: nelle situazioni famigliari o più in generale nei rapporti umani. Si precisa che la metafora della confort zone vale per gli individui, ma anche per i gruppi e le organizzazioni in genere. Inoltre si precisa che per alcune categorie, quali professionisti, manager, imprenditori “non adagiarsi nella zona di sicurezza” costituisce un obbligo per la sopravvivenza nella propria professione, soggetta a sfide e a cambiamenti continui e sempre più rapidi Il comportamento da evitare è quindi di considerare la zona di sicurezza quale punto di arrivo, traguardo, l’equilibrio di lungo periodo. In questi casi essa diventa una specie di cuccia mentale o peggio ancora una trappola vera e propria, che ci impedisce di avere una visione corretta del mondo che ci circonda. Teniamo anche presente che la cuccia mentale da un lato conferisce sicurezza, ma crea spesso noia e senso di insoddisfazione e frustrazione. Il problema di fondo è quanto osare nell’uscire dalla propria zona di sicurezza, cioè fino a che punto è consigliabile spingerci nel percorrere nuove esperienze, conoscere nuovi mondi,...
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