Fare impresa (doing business) in Italia

Angelo Fiori – dicembre 2014   La materia concernente l’esame delle condizioni necessarie per aprire e condurre un business in Italia non sembra oggetto di studio e di approfondimento sistematico nel nostro paese. Ugualmente si rileva che non esistono studi che effettuino un confronto fra l’Italia e gli altri paesi industrializzati. Esistono certo molti articoli giornalistici o di studiosi che affrontano uno o l’altro delle numerose facce dell’argomento: la fiscalità, la facilità di aprire un’impresa, la soffocante e costosa presenza della burocrazia pubblica, per citarne alcune. Il Sole 24 Ore pubblica spesso articoli su alcuni di questi aspetti, anche con confronti con alcuni paesi della Unione Europea: Francia, Germania, Spagna ad esempio. Non esiste tuttavia nulla di completo e strutturato che tenti di affrontare il complesso argomento nel suo insieme, con tutte le diverse implicazioni. Probabilmente alla radice di ciò si trova da un lato una scarsa sensibilità nazionale nel riconoscere il ruolo centrale dell’impresa nel promuovere l’economia nel suo complesso, inoltre le istituzioni quali i partiti e i sindacati, non sembrano dedicarvi molta attenzione. Anche le associazioni di categoria degli imprenditori sembrano non sufficientemente interessate ad effettuare un’opera di sensibilizzazione sistematica con studi organici in materia, con adeguati confronti internazionali. Un riferimento, un po’ completo e recente che ho trovato sull’argomento, è un’indagine effettuata da Ernst & Young Italia , nota società di revisione consulenza a livello internazionale, nel corso del 2014 limitato ai paesi che fanno parte del cd. G 20 (qui) In questa situazione è benvenuta l’indagine della World Bank con il “Doing business” che ogni anno ci offre una situazione comparativa di ben 189 paesi del mondo, Italia inclusa. La pubblicazione “Doing business 2015 è arrivata alla 12^ edizione. Essa dovrebbe interessare imprenditori e professionisti e più in generale chiunque sia sensibile ad essere aggiornato sulle problematiche economiche Sfogliando nelle pagine del rapporto è possibile trovare molti interessanti spunti e ragionamenti da un lato, dati e classifiche di comparazione fra i vari paesi del mondo dall’altro. La premessa del documento è che oggi viene data molta attenzione alle misure fiscali, ovvero agli interventi delle banche centrali, oppure ai miglioramenti nel welfare, ma poca attenzione viene data alle caratteristiche del “terreno di gioco” in cui le forze economiche si devono misurare. Queste caratteristiche includono ad esempio: la facilità esistenti nell’aprire un nuovo business, la efficienza della situazione contrattualistica che regola i rapporti economici, l’efficienza del sistema fiscale, la semplicità...
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Le lobby in Italia. Mancanza di legislazione o mancanza di cultura?

Angelo Fiori – Novembre 2014 Articolo pubblicato il 24 novembre 2014 su Filodiritto   L’attività di lobby  viene identificata e definita come l’attività di gruppi organizzati volta ad influenzare il processo di formazione delle leggi e, più in generale, le decisioni pubbliche. Prendo spunto da un recente approfondito studio di Trasparency Italia “Lobbying e democrazia. La rappresentanza degli interessi in Italia” per svolgere qualche considerazione sulla situazione delle Lobby in Italia. Nonostante siano state presentate, dal dopoguerra in poi, decine di proposte di legge per disciplinare le Lobby, in Italia non esiste una legge nazionale che regolamenti, in modo specifico, la rappresentanza degli interessi attraverso il “lobbismo”. Non solo, ma sono pochissime le proposte di legge che sono state effettivamente discusse all’interno delle Commissioni parlamentari e/o nelle Camere. Conseguentemente non risulta che siano mai state, non solo approvate, ma neppure discusse in modo articolato proposte di legge in proposito. L’altro fronte di attività da promuovere, oltre all’attività legislativa, al fine di  facilitare la regolamentazione delle Lobby, è costituito da codici di autoregolamentazione e/o codici etici, da parte dei lobbisti stessi, associazioni di categoria, associazioni professionali, rappresentanti del mondo degli affari. Questi codici dovrebbero redatti e adottati con estremo senso pratico, senza formalismi ridondanti. Anche sotto questo aspetto l’Italia non brilla per le iniziative intraprese, che sono scarse o nulle In Italia fino ad oggi l’attività di lobbying è sempre stata un’attività fantasma. Tutti sanno che esiste, ma risulta molto difficile, se non impossibile, definire con precisione chi svolge quest’attività, nei confronti di chi, con quali mezzi e con quali obiettivi. In mancanza di una regolamentazione, di fronte a un’attività quasi completamente segreta, l’attività di lobby viene assimilata, nell’immaginario collettivo in Italia, ad una grande fucina della corruzione. I vari attori in gioco: politici, mondo accademico, la stessa società civile, non hanno voluto e/ o saputo inserirsi nel dialogo della regolamentazione e di indirizzare di conseguenza il dibattito pubblico al fine di rendere l’attività di lobby trasparente e quindi indebolire l’immagine e i pregiudizi esistenti Al contrario uno dei presupposti base per lo svolgimento dell’attività di lobby è la trasparenza. Nei paesi a democrazia avanzata, USA e UK ad esempio, l’attività di lobby è pubblicamente riconosciuta e adeguatamente regolamentata. La mancanza di legislazione nazionale in materia è anche figlia di una nostra cultura del clientelismo, che mal si concilia con la trasparenza richiesta per portare l’attività di lobby alla luce del...
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La corruzione in Italia e nel mondo – Trasparency International

Angelo Fiori – Settembre 2014   Partiamo da una promessa. La corruzione costa all’economia, essa infatti funge da freno agli investimenti e incide negativamente sul PIL. La corruzione, abbinata alla criminalità organizzata, provoca infatti un cd deficit di reputazione, che allontana gli investimenti, soprattutto stranieri Come più volte rimarcato dalla Banca Mondiale, se la corruzione fosse efficacemente aggredita porterebbe a un aumento del reddito stimato superiore al 2,4% con effetti benefici anche sulle imprese che crescerebbero del 3% annuo in più. Ancora più netta Transparency International, secondo cui ogni grado di aumento del livello della corruzione riduce di circa il 16% gli investimenti stranieri diretti. Al fine di monitorare in qualche modo il fenomeno della corruzione nel mondo, esiste Trasparency International, organizzazione internazionale senza fine di lucro, fondata nel maggio del 1993 a Berlino, dove attualmente si trova la sede centrale, su iniziativa di Peter Eigen, direttore di una sezione della Banca Mondiale A partire dal 1995 Trasparency International ha sviluppato l’Indice di corruzione – Corruption Perception Index (CPI), una lista comparativa della corruzione in oltre 170 paesi del mondo, che viene aggiornata e pubblicata ogni anno verso il mese di dicembre. Il CPI classifica le nazioni con il maggior indice di corruzione basando i propri dati su interviste fatte a imprenditori e operatori economici in genere. Il CPI prevede un punteggio da zero (corruzione massima) a 100 (corruzione nulla), classificando ciascuna delle nazioni incluse nell’indice. Nell’ultimo CPI disponibile, quello del 2013, la Danimarca la Nuova Zelanda sono al 1° posto, a pari punteggio, con 91 punti, mentre Afghanistan , Somalia e Korea del nord sono in coda con un punteggio di 9. Dov’è situata l’Italia? Purtroppo solamente al 69° posto con un punteggio di 43, circondata da Brasile, Giordania, Arabia Saudita, Romania. La classifica completa dell’indice CPI 2013 la trovate qui. Se volete esaminare il Global corruption barometer 2013 con metodologie, commenti, etc in formato pdf, lo trovate qui I dati si basano su un sistema di rilevazioni attraverso interviste, che quantificano la percezione del fenomeno corruzione da parte degli intervistati. La corruzione è infatti chiaramente un fenomeno illegale e sotterraneo, non esistono pertanto possibilità di rilevazione oggettiva; i casi rilevati, che transitano dai tribunali, sono un percentuale minima del fenomeno. Pur con le precauzioni del caso, gli indici di Trasparency International, che ha sviluppato un’esperienza pluridecennale nel monitorare il fenomeno nel mondo, possono essere presi come ordini di grandezza e di confronto fra...
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Italia: recessione o fase di declino economico, politico e sociale

Angelo Fiori – Agosto 2014 L’Italia non è in recessione, ma in una vera e propria fase di declino economico, sociale, politico Parte 1^ Se la constatazione contiene una buona parte di verità, tutti i nostri progetti di carriera e comportamenti di business ne devono in qualche modo tenere conto Ho preso spunto da un recente editoriale di Ernesto Galli Della Loggia,sul Corriere della Sera  del 14 luglio 2014, che mi ha fatto riflettere. Ecco alcuni punti principali da meditare: 1) Fino ad ora la classe politica non ha mai detto fino in fondo la verità ai cittadini. Alcuni esempi, ma l’elenco potrebbe continuare: a) fino ad oggi abbiamo vissuto al di sopra dei propri mezzi, indebitandoci fino al collo b) vengono distribuiti privilegi di ogni genere alle mille corporazioni esistenti in Italia (magistrati, giornalisti e tassisti solo per citarne alcune), con scuse più o meno verosimili, a danno della collettività nel suo insieme c) sprechi e disfunzioni da parte delle pubbliche amministrazioni, che sono cresciute come una piovra a dismisura nel corso degli ultimi 25-30 anni d) in Italia il merito non ha cittadinanza, soprattutto in molte parti (non tutte per fortuna) della nostra classe dirigente e) la scuola, la cultura, l’università, l’innovazione hanno avuto ed hanno tuttora un posto da cenerentola in un mondo che al contrario punta sull’innovazione e le tecnologie     per favorire lo sviluppo economico f) l’Italia è un paese con un alta discrepanza nella distribuzione dei redditi (cd indice di Gini), e nello stesso tempo è un paese in cui il cd ascensore sociale funziona poco e nulla (il figlio dell’operaio non potrà che fare l’operaio) g) stiamo perdendo le posizioni di testa in quasi tutte le classifiche economiche stilate a livello mondiale h) la corruzione ed i favoritismi inquinano i rapporti economici e sociali, come una sanguisuga che impedisce alle potenzialità e capacità degli individui e delle organizzazioni di emergere 2) Dire la verità è il primo passo per poter mobilitare le forze sane del paese, per spingerle al rinnovamento e all’azione. Rinnovamento che fino ad oggi non si è ancora         veramente sviluppato 3) La posta in gioco è enorme: la previsione un declino inarrestabile senza crescita con una stagnazione di lungo periodo. Non dimentichiamo che le prospettive nel nostro lavoro, tenore di vita, nelle nostre pensioni sono e saranno influenzate pesantemente dallo scenario politico, economico e...
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