L’importanza della fiducia per professionisti e managers

Pubblicato sulle rivista internet “B2corporate” nel marzo 2017 e “Il commercialista telematico” in giugno 2017 Premessa Ho letto recentemente “La velocità della fiducia” di Spephen M.R.Covey, noto e apprezzato oratore e consulente americano sui temi di laedership, fiducia ed etica, legati a performance eccellenti. Il testo mi ha molto impressionato per la semplicità, chiarezza e profondità delle argomentazioni sul tema della fiducia, Ho deciso pertanto di riprendere, sintetizzando molti dei suoi concetti e temi in questo articolo. Nella vita, nella professione e in azienda le relazioni sono importanti, ma sono vuote se non sono create e basate sulla fiducia. Solamente le organizzazioni con un solido livello di fiducia comportano una cultura di vero impegno verso gli obiettivi prescelti. Senza fiducia non ci può essere lealtà, senza lealtà non si può costruire una vera crescita personale: degli individui, delle organizzazioni, dell’intera società. Se ci guardiamo attorno, notiamo che nell’attuale contesto economico la collaborazione è uno dei principali fondamenti dello standard di vita di cui godiamo; appare evidente come  la fiducia sia il principale collante di tutti i rapporti di collaborazione. E’ anche possibile osservare che nella vita politica, nelle relazioni sociali di qualunque genere, anche quelle private, spesso il problema che sta alla base di tutti gli altri è una mancanza di fiducia. Cos’è la fiducia? Fiducia significa affidabilità. Quando si ha fiducia si crede in qualcuno, nella sua integrità, nelle sue finalità, nelle sue capacità, nei suoi risultati. Tutti noi abbiamo avuto esperienze che confermano la differenza fra relazioni costruite o meno sulla fiducia. Quelle basate sulla fiducia sono più solide e durano più a lungo, quelle in cui esiste una mancanza di fiducia sono sempre in balia degli avvenimenti e sono permeabili agli equivoci e ai fraintendimenti. La differenza tra relazioni con un elevato grado di fiducia e relazioni con scarso livello di fiducia è tangibile. Consideriamo ad esempio la comunicazione. In una relazione con un elevato grado di fiducia potete esprimervi e dire le cose sbagliate, ma le persone con le quali siete in contatto molto probabilmente comprenderanno quello che intendete dire. Al contrario, in una relazione, con uno scarso o nullo livello di fiducia, potete essere misurati e precisi quanto volete, ma comunque esiste un rischio elevato di essere fraintesi. Per leggere l’intero articolo vedasi la pubblicazione su B2corporate ovvero AF-Importanza della fiducia per professionisti e...
read more

Conosci te stesso per valorizzare i tuoi talenti

Angelo Fiori – dicembre 2014   L’esortazione conosci te stesso, GnÔthi sauton in greco o Nosce te ipsum in latino, è una frase greco antica, iscritta sul tempio di Apollo a Delfi nell’antica Grecia. La trattazione filosofica ha una lunga storia nell’elaborazione di questa massima. Platone affermava che per conoscere adeguatamente se stessi, dobbiamo guardare il divino che c’è in noi. A partire da Pitagora, che spingeva gli uomini a realizzare se stessi, per arrivare a Kant, molti filosofi  hanno espresso l’importanza  di conoscere se stessi prima di iniziare a scoprire le verità assolute. Ma anche altre culture, quella indiana con gli inni vedici e altre culture orientali hanno compreso l’importanza di questa affermazione. Conoscere sé stesso può sembrare in contrapposizione con conoscere il mondo, tuttavia le due conoscenze possono essere considerate quali facce della stessa medaglia. Infatti lo slancio dell’uomo verso la conoscenza non può fare a meno della mente che conosce con tutti i suoi condizionamenti Nella formazione personale per la vita lavorativa, ma anche per quella famigliare e sociale, il conoscere se stessi consiste in una ricerca di crescita consapevole dell’individuo, attraverso l’ampliamento della conoscenza e della consapevolezza di sé e delle proprie competenze. A questa prima fase dovrebbe seguire una seconda attraverso un processo di miglioramento delle proprie capacità. A prima vista sembrerebbe semplice conoscere sé stessi. Chi meglio di noi lo può fare? Al contrario spesso siamo più efficienti e obiettivi nel conoscere (spesso anche nel giudicare ) gli altri che noi stessi. Ciò a causa dei molti condizionamenti e restrizioni presenti nelle nostre credenze e valori. Dice infatti la scrittrice USA Anaïs Nin “Non vediamo le cose per come sono ma per come siamo”. La conoscenza di noi stessi presuppone inoltre un buon livello di autostima, cioè accettare se stessi, per saper discernere con obiettività caratteristiche pregi e difetti della nostra personalità. Secondo Nathaniel Branden, psicoterapeuta statunitense considerato un pioniere nel campo dell’autostima a livello internazionale, questa si compone di “sei pilastri”, sei principi guida che ci sostengono nella scoperta e nell’accettazione di noi stessi Vivere consapevolmente.Vale l’antico sopra ricordato motto “Conosci te stesso”: vivere consapevolmente significa capire quali sono i nostri valori, interessi, bisogni e obiettivi, cioè cosa è importante per la nostra vita e quale direzione vogliamo darle. L’autostima – e i rapporti con il mondo che ci circonda – deve iniziare da un obiettivo e approfondito esame della propria personalità....
read more

Essere assertivi

Angelo Fiori – Ottobre 2014   L’assertività, ovvero l’essere assertivi, è una importante capacità, fra quelle di tipo relazionale, che un individuo dovrebbe possedere. Nell’ambito lavorativo, ma anche nella vita più in generale, l’assertività dovrebbe far parte del bagaglio di ciascuno di noi. Essa fa parte della più generale categoria di qualità che possiamo racchiudere nella cd intelligenza emotiva Il comportamento assertivo è quel comportamento attraverso il quale si affermano i propri punti di vista, senza forzare o approfittare e, al contrario, senza subire o essere prevaricati. Si esprime attraverso la capacità di utilizzare in ogni contesto relazionale la modalità di comunicazione più adeguata. Con essa viene adottato uno stile, nel comunicare con gli altri, che permette all’individuo di esprimere le proprie opinioni, le proprie emozioni e di impegnarsi a risolvere in modo pacato e con un atteggiamento positivo le situazioni e i problemi che bisogna affrontare. Si capisce pertanto come questa qualità o competenza sia di fondamentale importanza per un professionista nello svolgimento della propria attività Si precisa preliminarmente che non esiste una risposta assertiva definibile in modo assoluto e valida in ogni contesto e in ogni momento. Essa deve essere valutata all’interno della situazione sociale e relazionale: è quindi un processo continuo di aggiustamento della propria prestazione comunicativa. Per migliorare la propria assertività occorre sviluppare nuove abitudini di comportamento e perfezionare l’educazione dei sentimenti e delle emozioni. Familiarizzarsi con il mondo dei sentimenti richiede, infatti, “un’educazione sentimentale”. La struttura concettuale dell’assertività è l’ordine che ciascuno pone nella propria vita, quando con maggiore consapevolezza pensa a se stesso e interagisce con le altre persone. Se vogliamo sezionare le componenti del comportamento assertivo, potremmo dire che esse è composto di 2 parti. La prima parte è costituita dalla libertà come capacità dell’individuo di liberarsi dai condizionamenti ambientali negativi e comprende: (a) la conoscenza di sé e della propria personalità, (b) l’idea della reciprocità, ovvero il diritto di comunicare desideri e convinzioni, e di perseguire obiettivi individuali, viene riconosciuto anche agli altri La seconda parte riguarda la capacità di esprimersi in modo più evoluto ed efficace, tradotta quindi in abilità non verbali e verbali, e, più in generale, in competenza sociale. Tale aspetto è stato definito da L. Philips (1968) come “l’ampiezza con cui l’individuo riesce a comunicare con gli altri, in modo da soddisfare diritti, esigenze, motivazioni e obblighi, in misura ragionevole e senza pregiudicare gli analoghi diritti delle...
read more

Aprirsi a nuove esperienze. Non rifugiarsi nella propria zona di sicurezza (confort zone)

Angelo Fiori – Luglio 2014   La Zona di sicurezza (Comfort Zone) nella psicologia comportamentale è una condizione mentale di sicurezza, dove tutto è rassicurante, noto, dove ci muoviamo a nostro agio, senza grandi sorprese. La metafora più comune è quella della poltrona in cui siamo comodamente seduti senza muoverci. Teniamo presente che la maggior parte degli esseri umani tende ad evitare le situazioni scomode che li mettono in discussione e a fuggire da tutto ciò che è eccessivamente nuovo. In queste situazioni infatti diminuisce la possibilità di tenere sotto controllo e dominare gli eventi: il rischio conseguente è di commettere errori, a volte di essere feriti o peggio umiliati La confort zone fu indicata da Alasdair Whyte nel 2008, con un saggio dal titolo “From confort zone to performance management”. In questo saggio si indagano le possibilità che vengono alla luce uscendo dalla confort zone e il processo di apprendimento insito in questo percorso. Quindi la zona di conforto non viene negata, ma viene considerata un punto di partenza dal quale muoversi, al fine di aumentare le proprie capacità e conseguentemente le proprie performance. Bisogna infatti uscire dalla propria zona di sicurezza per cercare nuove esperienze, mettersi in gioco con nuove persone, ambienti, abitudini Qui l’argomento viene sviluppato principalmente nel contesto della vita lavorativa, ma molte delle considerazioni svolte e dei suggerimenti indicati valgono anche in altre situazioni, ad esempio: nelle situazioni famigliari o più in generale nei rapporti umani. Si precisa che la metafora della confort zone vale per gli individui, ma anche per i gruppi e le organizzazioni in genere. Inoltre si precisa che per alcune categorie, quali professionisti, manager, imprenditori “non adagiarsi nella zona di sicurezza” costituisce un obbligo per la sopravvivenza nella propria professione, soggetta a sfide e a cambiamenti continui e sempre più rapidi Il comportamento da evitare è quindi di considerare la zona di sicurezza quale punto di arrivo, traguardo, l’equilibrio di lungo periodo. In questi casi essa diventa una specie di cuccia mentale o peggio ancora una trappola vera e propria, che ci impedisce di avere una visione corretta del mondo che ci circonda. Teniamo anche presente che la cuccia mentale da un lato conferisce sicurezza, ma crea spesso noia e senso di insoddisfazione e frustrazione. Il problema di fondo è quanto osare nell’uscire dalla propria zona di sicurezza, cioè fino a che punto è consigliabile spingerci nel percorrere nuove esperienze, conoscere nuovi mondi,...
read more

Le competenze trasversali – soft skills

Angelo Fiori – Maggio 2014   Manpower Group, in collaborazione con l’Università degli Studi di Firenze ha recentemente pubblicato i risultati di una indagine sulle competenze trasversali o soft skill, dal titolo “Soft skills for talent”. L’indagine è stata condotta presso un panel di aziende italiane, prevalentemente industriali Essendo “trasversali” queste competenze non sono riferibili a job specifici, bensì attivabili in ogni posizione professionale che le richieda. Sono esempi di competenze trasversali: orientamento al risultato, iniziativa, adattabilità, empatia, leadership, gestione dei conflitti, persuasione, gestione dei gruppi, consapevolezza di sé, autocontrollo, approccio positivo, riconoscimento di schemi, pensiero sistemico, comunicazione verbale, ecc. Le persone oggi sono chiamate a mutare con maggiore frequenza luoghi, tempi e modalità di lavoro e pertanto sono costrette continuamente ad adattarsi e ad affrontare nuovi problemi: la professionalità non è più solamente costituita da “routine” ma richiede competenze che vanno oltre le conoscenze prettamente specialistiche. Si rileva peraltro che le competenze trasversali vengono poco prese in considerazione dai corsi di formazione e dalle Università; sono per lo più appannaggio di psicologi piuttosto che di formatori. La loro importanza è tuttavia elevata, sicuramente più elevata rispetto alle conoscenze tecniche sia nel contesto aziendale che nel contesto professionale. Il modello delle competenze, utilizzato per l’indagine di Manpower, si articoli su tre livelli crescenti di responsabilità (operativo, manager, executive) e distingue 4 aree: (a) area cognitiva, (b) area realizzativa, (c) area sociale, (d) area emotiva Lo schema è il seguente Operativi Manager Executive Area cognitiva Analisi Problem solving Visione strategica Sintesi Decision making Pensiero critico Apertura al nuovo Flessibilità Innovazione Area realizzativa Iniziativa Concretezza Assunzione del rischio Accuratezza Visione d’insieme Controllo Energia Perseveranza Resilienza Risultato Pianificazione Organizzazione Area sociale Comunicazione Persuasione Negoziazione Supporto Orientamento Sviluppo del talento Collaborazione Coinvolgimento Leadership Area emotiva Autostima Autoefficacia Intraprendenza Stabilità Proattività Tolleranza allo stress Consapevolezza di sè Empatia Intelligenza emotiva   L’indagine contiene un vero e proprio glossario con una puntuale definizione di ciascuna delle suddette competenze L’indagine quindi include l’indicazione delle competenze trasversali più richieste dalle aziende, ai 3 livelli di responsabilità crescente. Agli intervistati è stato chiesto di scegliere 5 fra le 13 competenze proposte I risultati dell’indagine, con un punteggio decrescente in ordine d’importanza, sono i seguenti: Livello operativo Collaborazione 68 Risultato 57 Apertura al nuovo 47 Iniziativa 44 Energia 43 Accuratezza 38 Comunicazione 38 Analisi 34 Sintesi 30 Stabilità 20 Consapevolezza di sè 17 Supporto 16 Autostima 7 Livello Manager...
read more