Il recesso del socio nella Spa – Contesto legale e aspetti valutativi

Angelo Fiori – marzo 2016 Articolo pubblicato sulla rivista internet  B2Corporate in marzo 2016 Premessa La riforma del diritto societario del 2003 ha rivisto la normativa delle società di capitali, ampliando le fattispecie in cui viene riconosciuto il diritto al socio al recesso. Per quanto concerne le Spa, ne ha inoltre precisato l’iter procedurale in alcuni articoli del codice civile, introducendo: una precisa casistica delle cause di recesso (art 2437) termini e modalità di esercizio del diritto di recesso (art 2437 bis) i criteri di determinazione del valore delle azioni (art 2437 ter) il procedimento di liquidazione delle quote (art 2437 quater) disposizioni speciali per società con azioni quotate (art 2437 quinques) La disciplina precedente alla riforma aveva lo scopo di preservare il capitale sociale nell’ottica di tutelare quella che è la principale garanzia  per i diritti dei creditori e pertanto la facoltà di esercitare il diritto  di recesso era limitata a determinati casi, trasformando così la società in una sorta di prigionia per il socio.  Il principio ispiratore della riforma societaria è stato quello  di liberalizzare gli scambi economici con l’obiettivo di favorirli e quindi di  responsabilizzare in maggior misura i soggetti che a vario titolo ne sono coinvolti. In un precedente saggio, disponibile:Il-recesso-del-socio-nella-Srl-Contesto-legale-e-aspetti-valutativi1.pdf,  ho esaminato il caso di recesso di socio da Srl, qui esaminiamo il caso parallelo di recesso di socio da Spa. L’articolo per il recesso socio da Spa è disponibile a puntate sulla rivista B2Corporate qui, ovvero l’intero articolo è disponibile: “Il recesso del socio nella Spa – Contesto legale e aspetti...
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Il recesso del socio nella Srl – Contesto legale e aspetti valutativi

Angelo Fiori – gennaio 2016 Articolo pubblicato a puntate su “Il commercialista telematico” in gennaio e febbraio 2016   Il contesto legale di riferimento – art 2473 del codice civile La riforma del diritto societario del 2003 ha rivisto la normativa sul diritto di recesso dei soci di società di capitali, ampliando le fattispecie in cui viene riconosciuto il diritto al socio. Ne ha inoltre precisato l’iter procedurale introducendo l’ipotesi di determinazione del valore di liquidazione mediante relazione giurata dell’esperto. La disciplina precedente alla riforma aveva lo scopo di preservare il capitale sociale nell’ottica di tutelare quella che è la principale garanzia  per i diritti dei creditori e pertanto la facoltà di esercitare il diritto  di recesso era limitata a determinati casi, trasformando così la società in una sorta di prigionia per il socio.  Il principio ispiratore della riforma societaria è stato appunto quello  di liberalizzare gli scambi economici con l’obiettivo di favorirli e quindi di  responsabilizzare in maggior misura i soggetti che a vario titolo ne sono coinvolti. In questa sede verrà presa in considerazione la sola fattispecie di recesso da Srl, contemplata dall’art 2473 del codice civile. In un parallelo articolo è disponibile, sul mio sito www.angelofiori.it, il caso di recesso di un socio da Spa   Il recesso e le sue cause Cominciamo con indicare le cause in cui sia possibile esercitare il diritto di recesso. L’art 2473 recita: “L’atto costitutivo determina quando il socio può recedere dalla società e le relative modalità. In ogni caso il diritto di recesso compete ai soci che non hanno consentito al cambiamento dell’oggetto o del tipo di società, alla sua fusione o scissione, alla revoca dello stato di liquidazione al trasferimento della sede all’estero alla eliminazione di una o più cause di recesso previste dall’atto costitutivo e al compimento di operazioni che comportano una sostanziale modificazione dell’oggetto della società determinato nell’atto costitutivo o una rilevante modificazione dei diritti attribuiti ai soci a norma dell’articolo 2468, quarto comma.” Le cause si possono pertanto dividere in: Cause previste dalla legge; Cause previste nell’atto costituivo Cause previste dalla legge: (a) cambiamento dell’oggetto sociale; (b) cambiamento del tipo di società; (c) trasferimento della sede sociale all’estero; (d) fusione o scissione; (e) compimento di operazioni che comportano una sostanziale modifica dell’oggetto sociale; (f) modifica dei diritti particolari attribuiti ai soci, riguardanti l’amministrazione o la distribuzione di utili; (g) eliminazione di una o più cause di...
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Principi Italiani di valutazione (PIV) emessi da OIV

Angelo Fiori – settembre 2015 Articolo pubblicato su Il commercialista telematico il 2-9-2015   Nel mese di luglio 2015 sono stati emessi dall’Organismo Italiano di Valutazione (OIV) i Principi Italiani di Valutazione (PIV). Essi entreranno in vigore le valutazioni a partire dal 1-1-2016; sono stati pubblicati in un volume di circa 400 pagine edito da EGEA.I PIV emessi dall’OIV sono frutto di circa tre anni di lavoro da parte dell’OIV, hanno richiesto due pubbliche consultazioni e hanno accolto il contributo di circa 15 fra associazioni professionali (fra cui Assirevi, e ODCEC di Milano) e professionisti vari. I principi di valutazione colmano uno spazio vacante e possono essere un’occasione di crescita per la nostra professione di dottori commercialisti. Fino ad oggi infatti l’attività di valutazione è stata prevalentemente un’attività di matrice domestica, largamente influenzata dalle norme del codice civile. Si aggiunga a ciò il fatto che la nostra professione è sempre stata condizionata dagli aspetti fiscali, lasciando poco spazio ad una cultura di tipo aziendalistico. I PIV sono un’occasione per metterci in linea con le best practices internazionali nell’area delle valutazioni e migliorare pertanto la nostra professionalità nel filone della consulenza aziendalista.Per esaminare l’articolo completo, vedi “Il commercialista telematico” del 2-9-2015,...
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Valutazione d’azienda con il metodo dei Multipli

Angelo Fiori – dicembre 2014 Articolo pubblicato il 22 dicembre 2014 su b2corporate   Premessa I metodi che si richiamano ai multipli o moltiplicatori, si sono affermati da tempo nella prassi professionale, soprattutto nel mondo della Finanza e delle Banche d’affari. Questi metodi vengono adottati, per le valutazioni d’azienda, come metodo di controllo, più raramente come metodo principale, normalmente da mettere a confronto con il metodo DCF (link da inserire) (Discounted cash flow). Ciò appare, ad esempio, in una indagine condotta, sulle operazioni IPO in Italia nel periodo 1997 – 2010, dalla rivista”La valutazione delle aziende” num. 62 del 2012. Considerazioni pro l’applicazione dei Multipli Semplicità. Essi si basano su analogie e comparazioni con altre aziende similari. Sono pertanto di semplice e immediata applicazione. Rapidità. Una volta individuate le aziende confrontabili, l’applicazione di multipli arriva rapidamente a risultati finali, senza la necessità di conteggi complessi, scelta di variabili, definizione di scenari alternativi Relativa stabilità. Capacità di assumere valori rientranti in un range limitato di valori: Questo dipende anche dal campione di aziende similari scelte per il confronto Considerazioni contro l’applicazione dei Multipli Difficoltà nel trovare aziende simili per un confronto attendibile. Spesso il mercato italiano è limitato nel numero e nella varietà delle aziende presenti, bisogna quindi estendere la ricerca a società estere, con la conseguente diminuzione della omogeneità Alto grado di soggettività nella scelta sia dei parametri da utilizzare per il confronto che nella individuazione delle aziende confrontabili Scarsa confrontabilità fra aziende quotate, ove il prezzo di borsa rappresenta un valore riconosciuto da mercato e aziende non quotate, soggette alle transazioni commerciali realmente avvenute su un numero normalmente limitato di operazioni Al di la dei pro e dei contro, sul piano pratico, l’uso dei Multipli ha registrato negli ultimi 20 anni un crescente successo per una serie di fattori, fra i quali: una generalizzata lievitazione dei prezzi di borsa sul lungo periodo, determinando un diffuso divario fra i valori di mercato e i patrimoni netti contabili delle aziende soggette a valutazione la cresciuta importanza e consapevolezza dei beni intangibili, per lo più non iscritti, o iscritti a valori ridotti, sui bilanci aziendali le difficoltà insite nel metodo DCF, che si basa, soprattutto attraverso il cd Terminal value, su valori futuri sempre più differiti nel tempo, in un contesto economico al contrario caratterizzato da una forte volatilità la diffusione in molti contesti di sistemi di incentivazione del management, basati...
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La valutazione con il metodo DCF: schema di riferimento

Angelo Fiori – Giugno 2014   Come noto il metodo DCF (Discounted cash flow) si è affermato da tempo, soprattutto nella prassi M&A, come metodo principe utilizzato per le valutazioni d’azienda. Esso fa parte dei cd metodi assoluti e viene spesso abbinato ad una seconda valutazione effettuata con un metodo basato sui cd. multipli. Il metodo DCF si basa sulla valutazione dei flussi di cassa prospettici molto frequentemente in un’ottica “asset side”. Ciò significa che si calcola in valore dell’azienda (EV Enterprise Value) in funzione dello svolgimento della sua attività operativa. Il valore dell’Equity si ottiene sottraendo dal valore dell’azienda il valore attuale del debito finanziario netto (cd leva finanziaria). La formula per il calcolo dell’Enterprise Value (EV) è la seguente EV = valore dell’attivo industriale della società (Enterprise Value) FCFt = flusso di cassa disponibile per azionisti e finanziatori (free cash flow) i = tasso di attualizzazione dei flussi di cassa T= numero di anni di forecast esplicito dei flussi di cassa VR = valore Residuo della Società (Terminal Value) La formula sopraesposta è composta da 2 componenti separate dal segno +; essa è detta anche a due stadi, in quanto il valore di Enterprise Value viene dato da 2 componenti: primo componente il valore attuale dei flussi di cassa del periodo di sviluppo delle previsioni di cash flow (generalmente da 3 a 5 anni di budget o di business plan), secondo componente il valore residuo detto Terminal Value, calcolato normalmente come il valore attuale di una rendita perpetua di flussi di cassa, a partire dal 4° o dal 6°anno. Sia la prima componente della formula sopraesposta che la seconda attualizzano flussi di cassa, pur con orizzonti temporali differenti, che vanno attualizzati utilizzando un tasso i. Di seguito indichiamo pertanto  i vari aspetti della valutazione, che vengono analizzati e spiegati separatamente uno per uno nei relativi articoli su questo sito. Gli stessi sono stati pubblicati su Commercialista telematico ovvero su b2Corporate, come indicato in calce agli stessi La scelta dell’approccio di valutazione: asset side o equity side La determinazione dei flussi di cassa: levered o unlevered, secondo se si usa l’approccio asset side o equity side La definizione del tasso i di attualizzazione Indicazioni e commenti sul Terminal value L’uso dello strumento di analisi di sensitività per la valutazione delle diverse ipotesi...
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